Introduzione

Non sta a persone come me, nate a metà degli anni settanta, raccontare le vicissitudini delle generazioni che hanno cercato di lottare e di costruire movimenti negli anni ottanta.

Il pezzo di storia che possiamo raccontare comincia a metà degli anni novanta, per alcuni qualche anno prima, per molti qualche anno dopo. E a Milano come in altri posti è un periodo complicato in cui molti pezzi di storia dei movimenti scompaiono lasciando dietro di sé solo le proprie leggende e qualche essere umano, qualcuno capace di evolversi, qualcun'altro capace di involvere la realta' intorno a sé.

Le leggende non ci sono bastate a tramandare il meccanismo con cui costruire dei movimenti e con cui interpretare le lotte. La generazione degli anni novanta ha dovuto improvvisare, sospesa tra parole e slogan di vent'anni prima, scazzi di dieci anni prima, e il mondo in trasformazione in cui viveva, nel quale l'economia e la geopolitica degli anni ottanta maturavano in frutti amari ma il cui albero era tutt'altro che scontato.

Affacciandosi alla fine del millennio, i compagni e le compagne degli anni novanta si sono dovuti inventare un modo di fare politica nuovo, che affrontasse le contraddizioni attuali e che fosse in grado di non incagliarsi in riedizioni del passato o in futuri improbabili e peraltro parecchio distopici.

Per questo pensiamo sia interessante raccontare un pezzo della nostra storia, senza pretesa di esaustività, né pretendiamo che questi testi rappresentino l'unico punto di vista su quegli anni. Solo la rappresentazione simultanea di tutti i punti di vista di chi ha vissuto quei giorni e quei mesi potrebbe rendere merito alla complessità di tante vite che hanno attraversato quei momenti. In assenza di questo caledoscopio storico, il massimo che possiamo offrire é un insieme di visioni situate, che messe in relazione tra loro forse saranno capaci di comunicare tutto quello che ha significato per noi che le abbiamo vissute, e forse anche per chi le ha subite o intraviste nelle nebbie delle vite che non si toccano in una metropoli.

3 Replies to “Introduzione”

  1. Va bene che vogliamo fare “storia orale”, ma pur sempre storia è?

    Non è che quello da cui si parte nasce dal nulla, così per caso.

    E’ frutto di un processo, di un percorso, e quindi se è fondamentale iniziare dal vissuto del narratore (dalla memoria del vissuto), è anche altrettanto importante introdurre storiograficamente il periodo storico e il processo grazie al quale si è giunti, in un dato momento e in un dato contesto, ad una situazione specifica.

    E, infatti, io parlavo di “cappello introduttivo”, da farsi anche con gli strumenti tradizionali della storiografia.

  2. La storia di quel pezzo, importante e per nulla trascurabile, non fa pero’ parte della vita di chi sta cercando di scrivere questo capitolo di storia dei movimenti 🙂
    Suggerirei anche di leggere altre cose, tipo Costretti a Sanguinare che racconta un pezzo di storia importante del movimento milanese degli anni ottanta, e forse anche altri testi, sul periodo precedente ai fatti narrati in queste pagine.

    Sono tutti invitati a contribuire!

  3. Non si può capire quello che è successo dal ’94 in poi senza partire dalla “Pantera”; e a Milano dal post-Virus, dall’Helter Skelter, dal cambio di gestione al Leoncavallo, dallo sgombero dello stesso Leoncavallo nell’89 e l’inizio di quella generazione lì, che forse i “primi passi” li ha fatto con il “movimento dell’85, il ritorno delle occupazioni nelle scuole dopo il ’77.
    C’è anche il bel libro edito dalla Shake, Consorzio Aaster, Csoa Cox 18, Csoa Leoncavallo, Primo Moroni – CENTRI SOCIALI: GEOGRAFIE DEL DESIDERIO, Dati, statistiche, progetti, mappe, divenire, pp. 224, che si potrebbe usare, sempre per Milano, per fare questo “cappello introduttivo”, oltre ai ricordi dei compagni e delle compagne.

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